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L’infertilità nella coppia è una condizione in costante aumento, e la diffusione dell’obesità costituisce un rilevante fattore di rischio. È infatti ben documentato come questa condizione influisca negativamente sull’apparato riproduttivo, sia maschile che femminile, oltre a incrementare il rischio di complicanze durante la gravidanza e il parto, sia per la madre che per il feto.
Meccanismi patologici nella donna
1. Alterazioni dell’ovulazione
La diminuzione graduale della frequenza ovulatoria con l’aumento dell’indice di massa corporea (BMI) è legata a diversi fattori, tra cui:
- la resistenza all’insulina, che comporta un aumento della produzione di ormoni androgeni;
- l’incremento dei livelli di leptina, che influisce direttamente sulla secrezione delle gonadotropine;
- l’obesità durante l’infanzia, soprattutto nelle fasi vicine al menarca.
Anche nelle donne con cicli apparentemente regolari (eumenorroiche), si osservano comunque alterazioni del ciclo mestruale, dovute a:
- livelli ridotti e minore frequenza pulsatile dell’LH;
- concentrazioni inferiori di FSH;
- una fase follicolare più estesa e una fase luteale più breve.
2. Risposta ovarica compromessa
Nelle donne affette da obesità si riscontrano:
- anomalie nella formazione dei follicoli e una qualità inferiore degli ovociti;
- necessità di dosaggi più alti di gonadotropine per ottenere una risposta ovarica efficace;
- risposta ovarica ridotta, con minore maturazione follicolare a seguito della stimolazione.
Anche il microambiente follicolare presenta modificazioni significative:
- il liquido follicolare mostra livelli elevati di insulina, marcatori infiammatori (in particolare lattati e proteina C reattiva) e acidi grassi liberi;
- alterazioni nei complessi cumulo-oocitari;
- follicoli di dimensioni più piccole rispetto alla norma;
- aumento dello stress ossidativo che danneggia l’ovocita.
3. Funzionalità dell’endometrio
L’endometrio nelle donne affette da obesità risulta compromesso a causa di:
- un’espressione aumentata dei recettori degli ormoni steroidei e di geni correlati alla sterilità;
- un’elevata presenza di recettori per la leptina, che provoca un rimodellamento del tessuto endometriale.
Tuttavia, secondo gli studi, un ruolo più significativo viene attribuito alla scarsa qualità dell’ovocita piuttosto che alla funzionalità dell’endometrio.
3. Tassi di aborto
L’obesità è associata a un rischio aumentato di aborto spontaneo di tipo euploide, in particolare durante il primo trimestre.
4. Ambiente materno-fetale
Nelle donne con obesità si osservano tassi ridotti di impianto e di gravidanza clinica, insieme a un rischio più elevato di sviluppare complicanze materno-fetali nel corso della gestazione, tra cui:
- parto prematuro, soprattutto in presenza di pregressi interventi di chirurgia bariatrica;
- diabete gestazionale;
- patologie ipertensive della gravidanza, come l’ipertensione gestazionale e la pre-eclampsia;
- parto cesareo, dovuto a distacco della placenta, arresto nella progressione del travaglio o maggiore incidenza di feti macrosomici.
L’eccessiva quantità di tessuto adiposo può inoltre compromettere la precisione delle ecografie utilizzate per monitorare la crescita del feto.
L’impatto degli interventi di dimagrimento pre-concepimento sulle complicanze materno-fetali non è ancora stato chiarito in modo definitivo.
Anche con la fecondazione in vitro, si registra una percentuale inferiore di nati vivi.
Meccanismi patologici nell’uomo
Gli uomini affetti da obesità possono presentare una ridotta capacità riproduttiva e sessuale.
Condizioni come oligozoospermia, astenozoospermia e disfunzione erettile sono correlate a una diminuzione dei livelli di testosterone circolante, dovuta a diversi fattori:
- ridotta sintesi epatica della globulina legante gli ormoni sessuali (SHBG), con conseguente aumento del testosterone libero;
- maggiore trasformazione del testosterone libero in estradiolo mediata dall’enzima aromatasi, con successiva inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadico;
- incremento della temperatura scrotale;
- aumetata incidenza di diabete;
- intensificazione dello stress ossidativo, potenzialmente responsabile di alterazioni epigenetiche del DNA.
Trattamento farmacologico (controindicato in gravidanza)
Il cambiamento delle abitudini quotidiane, associato alla terapia farmacologica, ha dimostrato efficacia nella promozione della perdita di peso.
Nel caso in cui l’intervento sullo stile di vita risulti inefficace e il BMI sia superiore a 30 (oppure superiore a 27 in presenza di comorbilità), si possono impiegare i seguenti farmaci:
- semaglutide, tirzepatide: nelle pazienti con obesità e sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), favorisce la riduzione del peso corporeo e il miglioramento dei parametri ormonali e metabolici; può agire direttamente sul GnRH, contribuendo al ripristino dei livelli fisiologici di LH e dell’ovulazione;
- metformina: utilizzata off-label nella PCOS, migliora la funzione ovulatoria e regolarizza il ciclo mestruale.
In presenza di patologie associate, è sempre raccomandato avviare la terapia farmacologica parallelamente alle modifiche comportamentali, soprattutto nei casi in cui la quantità di peso da perdere per ottenere un beneficio clinico superi quanto realisticamente raggiungibile con il solo intervento sullo stile di vita.
Trattamento chirurgico
La chirurgia bariatrica è raccomandata esclusivamente nei casi in cui le strategie dietetiche, comportamentali e farmacologiche non abbiano portato a risultati soddisfacenti.
Per le donne, tuttavia, è opportuno rimandare la ricerca di una gravidanza per almeno un anno dopo l’intervento, ossia fino al raggiungimento di un peso stabile. Questa attesa va valutata con attenzione, soprattutto nelle pazienti in età riproduttiva avanzata o con ridotta riserva ovarica, in cui i benefici attesi dalla chirurgia potrebbero risultare inferiori rispetto alla perdita di fertilità legata al tempo necessario per completare il percorso chirurgico. È quindi fondamentale considerare attentamente il bilancio tra i vantaggi dell’intervento e il rischio di oltrepassare la propria finestra fertile.
Effetti della chirurgia sulle complicanze ostetriche
La chirurgia bariatrica è associata a:
• diminuzione del rischio di diabete gestazionale;
• minore incidenza di disturbi ipertensivi della gravidanza;
• riduzione della probabilità di macrosomia fetale;
• aumento del rischio di neonati piccoli per età gestazionale (SGA);
• incremento della probabilità di parto pretermine
Effetti sulla fertilità
Nelle donne che hanno avuto insuccessi con la fecondazione in vitro, l’intervento chirurgico può portare a:
- un aumento del numero di follicoli maturi, degli ovociti recuperati e del tasso di fecondazione;
- una riduzione della quantità di gonadotropine necessarie per l’induzione dell’ovulazione.
Negli uomini, la chirurgia bariatrica è associata a un aumento dei livelli di testosterone.
Va inoltre sottolineato che, dall’inizio del percorso di preparazione all’intervento fino alla programmazione di una gravidanza, intercorrono in media circa due anni. Tale attesa può comportare una riduzione della fertilità femminile, dal momento che l’età resta il principale fattore determinante della capacità riproduttiva nella donna.
Studi clinici sugli interventi per la riduzione del peso corporeo e gli effetti sulla fertilità
Nelle donne con obesità e anovulazione, la perdita di peso migliora le probabilità di concepimento naturale, sebbene non sia stato dimostrato un effetto positivo sulla sopravvivenza fetale. Inoltre, il dimagrimento favorisce una maggiore risposta ovulatoria ai trattamenti di induzione dell’ovulazione.
Al contrario, nelle donne con obesità ma con ovulazione regolare, gli interventi di riduzione del peso prima della gravidanza non hanno evidenziato un miglioramento della sopravvivenza fetale, sia in caso di concepimento spontaneo sia mediante tecniche di fecondazione assistita. Tuttavia, la perdita di peso contribuisce a ridurre i rischi associati ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita (PMA) e alla gestazione stessa.
Soglie di BMI e accesso ai trattamenti per l’infertilità
In diversi paesi, il sistema sanitario nazionale stabilisce soglie di indice di massa corporea (BMI) considerate arbitrarie per l’accesso ai trattamenti contro l’infertilità. Tali limitazioni si basano su:
- un aumentato rischio anestesiologico legato alla ridotta capacità respiratoria;
- una maggiore probabilità di complicanze durante il prelievo ovocitario;
- un incremento dei rischi ostetrici durante la gravidanza.
Tuttavia, la sola presenza di obesità non dovrebbe rappresentare un motivo per negare a una paziente o a una coppia l’accesso ai percorsi di procreazione medicalmente assistita (PMA).
L’eventuale definizione di soglie di BMI per l’accesso alla PMA dovrebbe essere valutata a livello locale, tenendo conto principalmente della possibilità di eseguire il prelievo ovocitario e le altre procedure in condizioni di sicurezza, in relazione al BMI e alla presenza di comorbilità.
Sono necessari ulteriori studi per
- identificare le migliori strategie operative, convalidare i dati sulla sicurezza e facilitare l’accesso alle tecniche di prelievo ovocitario nelle pazienti con obesità di grado 3 e 4;
- chiarire i rischi e i benefici, sia materni che fetali, degli interventi di dimagrimento pre-concepimento, in particolare riguardo ai disturbi ipertensivi della gravidanza e al rischio di aborto spontaneo.
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FONTI
- AME Flash nr. 31 – novembre 2023. POSITION STATEMENT GIMBE: OBESITÀ E FERTILITÀ
- Position statement GIMBE: obesità e fertilità. Gennaio 2023.
- Practice Committee of the American Society for Reproductive Medicine. Obesity and reproduction: a committee opinion. Fertil Steril 2021, 116: P1266-85.
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