Circonferenza vita

L’importanza di associare il BMI a questa misurazione

L’obesità non è tutta uguale. Conta anche la composizione corporea

La dipendenza dalla sola misurazione del BMI si è dimostrata inadeguata al fine di consentire ai medici una valutazione e gestione del rischio per la salute correlato all’obesità nei propri pazienti, perché tenendo conto solo di peso e altezza il BMI non è in grado di discriminare quanto quei chili siano rappresentati da tessuto adiposo e quanto da tessuto muscolare. Questi due tessuti giocano infatti un effetto praticamente opposto sulle principali complicanze metaboliche e cardiovascolari legate all’obesità. 

Ecco allora che in casi del genere il BMI non ci basta più, servirebbe qualcosa di più affidabile che valuti la morfologia e la distribuzione della massa grassa. A che cosa fare affidamento allora in visita, in mancanza di metodiche strumentali più precise (es. BIA, DXA ecc…)?

Basta un semplice metro a nastro per misurare la pancia (circonferenza vita).

Ma perchè proprio la pancia? Il grasso mica si accumula solo lì!

Vero! Ma è altrettanto vero che non tutto il grasso corporeo è uguale e sempre più evidenze ci dicono che il grasso viscerale (quello profondo che si accumula attorno all’intestino e ci “gonfia la pancia”) è più dannoso degli altri e ha una maggiore correlazione con il rischio cardio-metabolico.

“Tutte le masse magre sono uguali, ogni massa grassa è grassa a modo suo”. Tolstoj, Anna Karenina

Ecco allora che già misurando la circonferenza vita (CV) abbiamo una buona stima della veridicità del BMI e dell’eventuale successo di una terapia nutrizionale e/o farmacologica nei soggetti obesi ad alto rischio. Capiamolo con un esempio:

Valori di riferimento 

Le attuali linee guida per l’identificazione dell’obesità indicano che il rischio per la salute aumenta quando si passa dal peso normale alle categorie superiori di BMI. Inoltre, all’interno di ciascuna categoria di BMI, gli individui con valori di circonferenza vita alta corrono un rischio maggiore rispetto a quelli con valori di circonferenza vita normali. La soglia per gli adulti caucasici (uomini >102 cm; donne >88 cm) è attualmente utilizzata per indicare un’elevata circonferenza della vita, indipendentemente dalla categoria del BMI.

https://www.foodbankoncology.org/alimentazioni/la-circonferenza-vita-un-valore-da-tener-sottocchio/

In conclusione

  • Per qualsiasi livello di BMI, gli adulti con valore di circonferenza vita più alto sono a maggior rischio per la salute.
  • L’inadeguatezza del BMI nel rilevare l’aumento dell’obesità addominale conferma i limiti del solo BMI per identificare il fenotipo di obesità a più alto rischio.
  • La riduzione della circonferenza vita è un passaggio fondamentale nella riduzione del rischio cardio-metabolico, poiché offre un obiettivo pragmatico e semplice per la gestione del rischio del paziente.
  • La misurazione della circonferenza vita dovrebbe quindi essere sempre inclusa nella valutazione e nella gestione del trattamento dei pazienti con obesità.
  • La misurazione sia del BMI che della circonferenza della vita può fornire opportunità uniche per monitorare l’efficacia degli interventi proposti per gestire l’obesità e le malattie metaboliche correlate.
  • Ad oggi sebbene sia ragionevole suggerire che una riduzione della circonferenza della vita sia associata a una riduzione della massa dell’adiposo viscerale, non è possibile una stima precisa della riduzione individuale dello stesso a partire dalla sola misurazione della circonferenza della vita.

Alcune precisazioni

  1. gli esempi sono totalmente inventati, e con essi anche tutti i parametri corporei e le loro variazioni, che per alcuni casi potrebbero risultare veritiere ma per altri completamente inverosimili. Servono solo a dare un’idea pratica di questo concetto. 
  2. Non è detto che maggiore sarà l’attività fisica che associamo alla dieta in un percorso di dimagrimento e maggiore sarà la perdita di circonferenza vita in confronto a chi fa solo dieta. Come non è detto che fare una dieta più drastica senza associare l’aumento della massa muscolare porti a perdere più peso. Anche qui era solo un esempio per fornire uno spunto di riflessione sull’inadeguatezza del solo BMI
  3. Tolstoj forse non ha usato queste esatte parole, magari ho letto una traduzione sbagliata 

Per approfondire

L’associazione tra circonferenza della vita e BMI con morbilità e mortalità è considerata in modelli continui, per una data circonferenza della vita, maggiore è il BMI minore è il rischio per la salute. Il motivo per cui l’associazione tra la circonferenza della vita e il rischio per la salute è aumentato in seguito all’aggiustamento per BMI non è ben chiaro, ma possono essere formulate alcune ipotesi. L’effetto protettivo per la salute di un BMI maggiore per una data circonferenza della vita può essere spiegata da un aumento dell’accumulo del tessuto adiposo sottocutaneo nella parte inferiore del corpo, che si associa negativamente a intolleranza al glucosio e dislipidemia. Inoltre, la capacità di immagazzinare il consumo energetico in eccesso negli adipociti sottocutanei gluteo-femorali potrebbe proteggere dall’eccessiva deposizione di lipidi in nell’adiposo viscerale e in sedi ectopiche come il fegato, il cuore e il muscolo scheletrico, che è fortemente associato al rischio di CVD.

Una revisione sistematica con analisi di metaregressione di 18 studi comprendente oltre 680.000 partecipanti europei con un massimo di 24 anni di follow-up ha dimostrato che la circonferenza della vita è stata associata con un aumento della morte per tutte le cause sopra valori di 95 cm per gli uomini e 80 cm per le donne. In particolare, l’aumento della circonferenza della vita al di sopra di queste soglie era associato ad un aumento del rischio relativo di morte per tutte le cause, anche tra i soggetti con BMI normale (20,0-24,9 kg/ m2 ).

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FONTI

  • IL VALORE CLINICO DELLA MISURAZIONE DELLA CIRCONFERENZA VITA COME MARKER DI RISCHIO DI MALATTIA CARDIOVASCOLARE The clinical value of waist circumference measurement as a cardiovascular disease risk marker PAOLO MAGNI – Giornale Italiano dell’Arteriosclerosi 2020; 11 (4): 54-66
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