Integratori di vitamina D

E se non fosse sempre necessario assumerli?

Sonnolenza? Prenditi la vitamina D

Hai il raffreddore? 10 gocce al giorno di vitamina D 

Calo della libido? Compressina di vitamina D

Stai aumentando di peso? Prova la vitamina D

La vita è amara? Addolciscila con qualche goccia di vitamina D

Sulla bocca di tutti

La vitamina D è forse l’integratore più prescritto ed assunto. Viene sempre più acquistata in farmacia, ANCHE SE non vi è indicazione, ANCHE SE non vi è sospetto di carenza, ANCHE SE poi non vi è un medico in grado di valutare il quadro osteo-metabolico.
Ma ogni integratore inutile, oltre a non apportare vantaggi, ha anche un costo, che ricade sul paziente o sul servizio sanitario.
E quindi? Proviamo a fare chiarezza e capire quando può essere indicato assumerla. Partiamo da una premessa: consigliare integratori di vitamina D in maniera indiscriminata nella popolazione generale senza fattori di rischio o condizioni di sospetto NON HA ALCUN SENSO.


È allora importante capire quali sono le condizioni in cui può essere importante integrarla. Lo faremo basandoci su due fonti imprescindibili in Italia: le raccomandazioni della SIOMMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro) e la NOTA 96 (la “Bibbia” della vitamina D in tema di prescrivibilità e rimborsabilità da parte del Sistema Sanitario Nazionale).

Secondo le raccomandazioni SIOMMMS per capire se dare o meno la vitamina D dobbiamo prima stabilire in quale range di valori desideriamo che il paziente si trovi. Questo range (e quindi il concetto di normalità o carenza) varia a seconda che si parli persone sane o con condizioni che le espongono a rischi.

La Nota 96 ci dice invece che esistono 1) situazioni in cui la vitamina D può essere prescritta a prescindere dai suoi valori nel sangue (quindi non ha senso fare la misurazione prima) e 2) situazioni in cui invece prima di prenderla dobbiamo capire se vi sia una reale carenza e quindi fare il prelievo.

1) La vitamina D può essere assunta a prescindere dai suoi valori nel sangue (= non serve dosaggio) nelle: 

  • persone istituzionalizzate  
  • persone con gravi deficit motori o allettate che vivono al proprio domicilio  
  • donne in gravidanza o in allattamento  
  • persone affette da osteoporosi da qualsiasi causa non candidate a terapia remineralizzante (vedi Nota 79)

In tutti gli altri casi, se vi sono condizioni che ne facciano sospettare la carenza (vedi articolo precedente), è importante capire quali sono i valori e quali sono le patologie concomitanti di quella persona. 

2) La vitamina D può essere assunta quando si hanno valori (= serve dosaggio): 

  • <12 ng/ml, a prescindere da eventuali sintomi associati
  • <20 ng/ml SE si è in terapia di lunga durata con farmaci interferenti col metabolismo della vitamina D (vedi post precedente) e/o SE ci sono malattie che possono causare malassorbimento nell’adulto
  • <30 ng/ml SE si ha diagnosi di iperparatiroidismo (primario o secondario) o SE si ha osteoporosi e si è candidati a terapia

Sintetizzando i dati citati, il livello soglia per iniziare una terapia in persone sane asintomatiche (per le quali il dosaggio sarebbe inappropriato) dovrebbe essere 10-12 ng/mL; la terapia sostitutiva dovrebbe essere iniziata al di sotto dei 20 ng/mL nei pazienti sintomatici, nei portatori di condizioni con malassorbimento e nei pazienti trattati con farmaci inibitori della vitamina D. In pazienti con osteoporosi e nelle donne gravide è preferibile la supplementazione per raggiungere il livello di 30 ng/mL.

NOTA BENE

Queste NON sono le uniche condizioni in cui si può dare la vitamina D, semplicemente sono i casi in cui le maggiori autorità italiane nell’ambito ne regolano la prescrivibilità e la rimborsabilità. Se assumi vitamina D all’infuori di queste situazioni NON vuol dire che sia necessariamente sbagliato, a patto che ci sia stata un’adeguata valutazione clinica.

Mentre vi è accordo unanime sul fatto che valori di vitamina D < 10-12 ng/ml sono una condizione di grave carenza e che se protratti nel tempo portano a problemi scheletrici come rachitismo e osteomalacia (e quindi è importante fare integrazione), invece un consenso per quello che può essere considerato un valore di “normalità” non esiste. Ecco perché vi è tutta una serie di valori “bordeline” (soprattutto fra 20 e 30) in cui la scelta se integrare o meno la vitamina D dovrebbe essere fatta considerando bene la storia clinica, l’età e le patologie concomitanti della persona. 

Non esiste una singola dose fissa di integrazione per tutti i soggetti che ne necessitano. Si consiglia una dose di integrazione per via orale di colecalciferolo tra 800 UI e 2000 UI/die.

Si può prendere in dosaggi giornalieri, settimanali o mensili. Anche in questo caso non vi è una modalità unica e giusta ma molto dipende anche dalle preferenze del soggetto e dalla possibilità di assumere con costanza l’integratore. Diversi studi hanno mostrato che i regimi di somministrazione giornaliera sono più promettenti in termini sia di esiti scheletrici (soprattutto se associati all’integrazione di calcio) che extra-scheletrici.

Le “classiche” manifestazioni di intossicazione da vitamina D, come l’ipercalcemia e l’ipercalciuria, sono da considerarsi eccezionali con la somministrazione di colecalciferolo e possono verificarsi solo in caso di livelli di 25(OH)D intorno o superiori a 150-200 ng/mL 

FONTI
https://www.aifa.gov.it/nota-96
Bertoldo, Francesco et al. “Definition, Assessment, and Management of Vitamin D Inadequacy: Suggestions, Recommendations, and Warnings from the Italian Society for Osteoporosis, Mineral Metabolism and Bone Diseases (SIOMMMS).” Nutrients vol. 14,19 4148. 6 Oct. 2022, doi:10.3390/nu14194148

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