I numeri del 2022

INCIDENZA: nel 2022, sono state stimate circa 12.200 nuove diagnosi (uomini = 3.500; donne = 8.700)
MORTALITÀ: le stime per il 2022 non sono disponibili. Nel 2020, sono stimati circa 500 decessi (maschi = 200; femmine = 300)
SOPRAVVIVENZA NETTA A 5 ANNI DALLA DIAGNOSI: 92% uomini e 96% donne
PROBABILITÀ DI VIVERE ULTERIORI 4 ANNI CONDIZIONATA AD AVER SUPERATO IL PRIMO ANNO DOPO LA DIAGNOSI: 97% negli uomini e 99% nelle donne
PREVALENZA: sono 212.900 le persone viventi in Italia dopo una diagnosi di tumore della tiroide (uomini = 46.000; donne = 166.900)
Il carcinoma della tiroide è oggi uno dei tumori più frequenti in Italia, in particolare nelle donne giovani <40 anni è al secondo posto dopo il carcinoma della mammella.
Il motivo di tale incremento è da attribuirsi principalmente ad un aumento delle diagnosi, viste le crescenti campagne di screening e il sempre maggiore utilizzo di strumenti come l’ecografia e l’agoaspirato tiroideo.
Tutto ciò sta generando un ampio dibattito fra gli esperti poiché, essendo un tumore spesso poco aggressivo e con un andamento molto lento nel tempo, si rischia un eccesso di diagnosi (overdiagnosis) con conseguente eccesso di trattamenti (overtreatment), anche in casi in cui non sarebbero strettamente necessari (il tumore, anche se non scoperto, non avrebbe causato effetti negativi sulla salute nel corso della vita di una persona, né sintomi, né tantomeno il decesso).
D’altro canto, trattandosi comunque di un tumore maligno, è importante che sia indagato e monitorato.
Fra le forme differenziate, solo per il carcinoma papillare si è registrato un progressivo incremento di incidenza, mentre le altre tipologie (istotipi) più rare, come il carcinoma follicolare, non sembrerebbero seguire il trend di incidenza del carcinoma papillare.
Per tutte le istologie, l’intervento chirurgico ha un ruolo fondamentale nel percorso di cura. Nei carcinomi differenziati la chirurgia (emitiroidectomia o tiroidectomia totale), seguita da radioterapia metabolica nei casi ad alto rischio, rimane la terapia standard.
Lenvatinib, potente inibitore dell’attività tirosin-chinasica del vascular endothelial growth factor receptor (VEGFR) è la prima linea di terapia per i pazienti con malattia radio-iodio resistente.
Più recente è l’acquisizione di nuovi farmaci in seconda linea come cabozantinb (prescrivibile con la legge 648/96) e selpercatinib nei casi con mutazioni del gene RET; entrectinib e larotrectinib in caso di riarrangiamenti di NTRK con indicazione agnostica.
#endocrinoluigi
FONTE: I numeri del cancro in Italia 2022 – AIOM
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